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Dall’agorafobia si guarisce?

L’agorafobia è un disturbo spesso associato ad attacchi di panico, che interferisce notevolmente con la vita dei soggetti che ne soffrono, portandoli ad evitare i luoghi considerati fonte di ansia, per la paura di stare male in pubblico, provando sentimenti di vergogna e imbarazzo e/o la paura di non poter scappare o di non ricevere soccorso durante un attacco di panico. Se l’evitamento può contenere la paura, abbassando il livello di ansia, è altrettanto vero che questo avviene ad un caro prezzo: la perdita della libertà. Ma dall’agorafobia si guarisce?

La diagnosi: riconoscere i sintomi per intervenire

Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V), l’agorafobia è una condizione persistente (i sintomi devono essere presenti da almeno 6 mesi per avere una diagnosi) caratterizzata da “paura o ansia marcate relative a due (o più) delle seguenti cinque situazioni:

  • utilizzo dei trasporti pubblici (per es., automobili, bus, treni, navi, aerei);
  • trovarsi in spazi aperti (per es., parcheggi, mercati, ponti);
  • trovarsi in spazi chiusi (per es., negozi, teatri, cinema);
  • stare in fila oppure tra la folla;
  • essere fuori casa da soli.”

Le situazioni che scatenano l’agorafobia vengono di norma evitate o viene richiesta la presenza di qualcuno che accompagni l’individuo che ne soffre, per far fronte all’ansia, che risulta molto difficile da gestire.

Alle volte inoltre l’agorafobia può essere associata a difficoltà che portano l’individuo a sentirsi poco in grado di controllare alcuni aspetti del suo corpo (sindrome del colon irritabile, Parkinson, paura dell’incontinenza) tali da creare imbarazzo. Spesso l’agorafobia inizia con uno o più attacchi di panico, stati di ansia e disagio molto forti, caratterizzati da una escalation di sensazioni a livello corporeo, tra cui:

  • tachicardia;
  • sudorazione;
  • sensazione di soffocamento;
  • brividi o vampate di calore;
  • parestesie;
  • nausea o disturbi addominali

Essi generano un corto circuito somato-psichico, tale per cui si può arrivare a percepire uno stato di depersonalizzazione, la paura di impazzire o di morire. Alle volte questo porta a recarsi al pronto soccorso per paura di avere un infarto o altro, tale è lo stato di confusione e agitazione che vivono le persone che sperimentano questi attacchi.

Le cause

Non esiste una causa uguale per tutti, ogni persona ha una sua storia familiare e clinica, esperienze diverse, alle volte traumatiche. Per esempio una storia di attaccamento insicuro o esperienze precoci di scarsa sintonizzazione col caregiver, possono influire sulla capacità di un individuo di sviluppare un senso di sicurezza nella percezione di sé e del sé in relazione. Anche difficoltà in adolescenza, dove avviene un importante processo di differenziazione dal sistema familiare e si definisce la propria identità, possono contribuire a generare disturbi d’ansia, come quello agorafobico, spesso accompagnati da depressione. In altri casi, una condizione di stress acuto e prolungato (come quella causata dal Covid-19) può portare ad uno stato di blackout, tale per cui non si riescono più ad affrontare le sfide della vita quotidiana.

Occorre quindi farsi aiutare da un professionista, che saprà comprendere chi è quello specifico individuo per aiutarlo al meglio, nella sua unicità, in modo personalizzato. Infatti è bene non confondere il sintomo con il problema sottostante. Il sintomo può essere nostro alleato, segnalandoci che qualcosa nella nostra vita non sta funzionando, così da poter intervenire in tal senso: lavorare sul problema e non solo sul sintomo.

Dall’agorafobia si guarisce?

Premesso che ogni situazione è diversa, un intervento psicoterapeutico tempestivo è sicuramente la risposta migliore al problema. Secondo le ricerche che valutano l’efficacia del trattamento per l’agorafobia e gli attacchi di panico, la psicoterapia, associata, ove necessario, all’utilizzo di antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), è la cura più efficace. Il solo utilizzo di SSRI invece potrebbe non essere sufficiente o controproducente, in quanto, pur contenendo i sintomi, non consente una ristrutturazione degli schemi emotivi e di pensiero, processo fondamentale per affrontare e risolvere il problema in modo stabile. Durante un percorso di psicoterapia, infatti, le connessioni sinaptiche subiscono delle modificazioni strutturali, che poi vengono mantenute nel tempo, grazie all’instaurazione di una relazione terapeutica trasformativa tra due individui che condividono uno spazio di riflessione e rielaborazione, comprensione e contenimento.

L’approccio somatologico

Tra i vari modelli psicoterapeutici, il modello somatologico rappresenta un’evoluzione in quanto integra le conoscenze provenienti dalla psicoanalisi, la psicosomatica, la neurobiologia interpersonale e le neuroscienze affettive. Attraverso un lavoro di ascolto del corpo si prende gradualmente consapevolezza delle proprie sensazioni ed emozioni, che, se non riconosciute (come negli stati di alessitimia) possono generare ansia e panico. All’interno della relazione terapeutica, sarà quindi possibile migliorare la propria Competenza Somatica e diventare più consapevoli di ciò che accade nel proprio corpo e nella propria vita, grazie ai link tra mente e corpo che si svilupperanno gradualmente. Questo porterà ad un miglioramento della qualità della vita e ad una focalizzazione sul corpo più “intelligente” e meno confusa.

Quindi è possibile rispondere che sì, dall’agorafobia si guarisce, basta intervenire nel modo migliore per affrontare il problema, evitando di attendere che si risolva da sè.

Se vuoi prendere in mano le redini della tua vita, non esitare a contattarmi, per iniziare un percorso individuale o di gruppo.

Bibliografia:

American Psychiatric Association (2013). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta edizione. DSM-5. Tr.it. Raffaello Cortina, Milano, 2015.

Scognamiglio, R. M. (2016). Psicologia psicosomatica. L’atto psicologico tra codici del corpo e codici della parola. Franco Angeli, Milano.

Scognamiglio, R. M., Russo, S. M., Aloisi, A., Iaffaldano, E. (2013). Somatic intelligence: A new perspective of metacognitive tool? Psychotherapy and Psychosomatics, 82 (suppl 1): 99.

Scognamiglio, R. M. (2009). Dalla focalizzazione sul corpo all’intelligenza somatica: la nascita di un nuovo costrutto nel quadro alessitimico. In Vigorelli M. (a cura di), Laboratorio didattico per la ricerca. Raffaello Cortina, Milano, 2009, 447-492.